"Voglio volere... io voglio un mondo
all'altezza dei sogni che ho..."
"Ed è proprio quello che non si potrebbe che vorrei ,
ed sempre quello che non si farebbe che farei,
come quello che non si direbbe che direi,
quando dico che non è così il mondo che vorrei".

sabato 20 giugno 2009

A proposito della Shoà: per non dimenticare...la storia di Etty Hillesum.


Come ho già avuto modo di dire precedentemente, una delle espressioni più terribbili del razzismo che si sono succedute durante la storia è senza dubbio il nazzismo e con esso la Shoà...durante la Seconda guerra mondiale circa sei milioni di ebrei furono deportati nei campi di concentramento e uccisi brutalemente per il solo fatto di essere tali. A distanza di circa sessant'anni, ancora oggi si celebra la "giornata della memoria", per non dimenticare una delle più gravi e assurde violazioni dei diritti umani che la storia del mondo abbia mai conosciuto. La nostra "memoria" è aiutata in questo dalle tantissime testimonianze che i sopravvisuti a quella tragedia ci hanno lasciato, nonchè dalla documentazione di vario tipo che è venuta fuori negli anni per testimoniare ciò che è stato. Ricordiamo ad esempio il famoso "diario di Anna Frank", "Se questo è un uomo" di Primo Levi, "La notte" di Elie Wiesel e altri importanti documenti e opere letterarie. Nessuno dovrebbe ignorare i contenuti e il valore di queste testimonianze. In una società come la nostra, così frenetica e piena di egoismo, tutti dovremmo fermarci un attimo a guardare indietro e conoscere la sofferenza di chi è vissuto nel passato per vivere meglio nel futuro. E’ questo il significato della giornata della memoria, conoscere e ricordare quello che è stato, trarne dei validi insegnamenti ed evitare che ciò si verifichi nuovamente.
Se è vero che s'impara dai propri errori, l’umanità intera deve avere il coraggio di guardare in faccia i gravissimi errori commessi, solo così è possibile progredire, traendo dal passato i valori positivi e lasciandoci alle spalle quelli negativi che hanno generato la Shoà.
Ma c'è una storia, una tra le tante storie delle persone deportate e uccise in quel periodo che non è molto conosciuta e non ha avuto molto spazio fra le altre, ma che a mio parere merita di essere ricordata per l'insegnamento che se ne può ricavare. Io ho avuto modo di conoscerla al liceo e mi ha colpito particolarmente...ve la voglio raccontare, citandovi anche una frase della stessa protagonista nella quale è racchiuso il senso della sua storia e del suo insegnamento.

Etty Hillesum- La nonviolenza in Auschwitz


Dei circa sei milioni d'ebrei deportati e uccisi negli anni della Shoà (catastrofe), solo alcuni hanno avuto la forza o la possibilità di lasciarci delle testimonianze di ciò che è stato e che l’umanità non potrà mai dimenticare.
Una di essi è Etty Hillesum, nata in Olanda nel 1914 da una famiglia della borghesia intellettuale ebraica e morta ad Auschwitz nel 1943, una donna che ha saputo trasformare il suo dolore e quello della società nella quale viveva in saggezza e paradossalmente in gioia di vivere.
Ragazza brillante, intensa, con la passione della letteratura e della filosofia, si laurea in giurisprudenza e si iscrive quindi alla facoltà di lingue slave; quando intraprende lo studio della psicologia, divampa la seconda guerra mondiale e con essa la persecuzione del popolo ebraico che sarà allo stesso tempo causa della sua morte fisica e della sua rinascita spirituale. A testimonianza di ciò esiste un diario personale, che lei scrive durante gli ultimi due anni della sua vita: undici quaderni completamente ricoperti da una scrittura minuta, quasi indecifrabile, che abbracciano tutto il 1941 e il 1942.
Etty nasconde, sotto un aspetto vivace, una profonda infelicità, che le provoca oltretutto una serie di estenuanti malesseri fisici. Forse anche a seguito di carenze affettive ed educative dovute al burrascoso matrimonio dei suoi genitori, vive in quel periodo relazioni sentimentali complicate che la lasciano “lacerata interiormente e mortalmente infelice”.
Dopo tanti errori e tanta sofferenza, finalmente qualcosa d’importante e decisivo accade nella vita della giovane ebrea: è l’incontro con uno psicologo ebreo tedesco, Spier, molto più anziano di lei, che la cambia profondamente. Attraverso le contraddizioni di una relazione piuttosto complessa e ambigua, egli la guida in un percorso di realizzazione umana e spirituale, insegnandole a pregare e diventando un mediatore fra lei e Dio. Quel Dio che diventerà per Etty il centro della sua esistenza e la parte più intima di sé: “Quella parte di me, la più profonda e la più ricca in cui riposo, è ciò che io chiamo Dio” scrive lei stessa.
E’ proprio l'amore per Dio che la spinge a condividere pienamente la triste sorte del suo popolo, un gesto che per lei significa “donarsi a Dio e ai fratelli”.
Nel 1942, infatti, lavorando come dattilografa presso una sezione del Consiglio Ebraico, potrebbe sottrarsi alla deportazione e avere salva la vita; lei, invece, nella prima grande retata ad Amsterdam, si avvia al campo di sterminio con gli altri ebrei prigionieri, sperando di poter portare luce nella vita altrui con la sua forza interiore e rendere così giustizia alla vita.
Prima della sua partenza definitiva per Auschwitz, Etty sente che la sua fine è vicina, chiede così ad un’amica olandese di nascondere i suoi quaderni e di farli avere ad uno scrittore di sua conoscenza, alla fine della guerra.
I manoscritti, molto difficili da decifrare, a causa della grafia incomprensibile, passano per anni da un editore all’altro e solo nel 1981 sono finalmente pubblicati, permettendo ai lettori di tutto il mondo di conoscere la straordinaria esperienza di una persona “luminosa”, come l’hanno definita i sopravvissuti del campo che vissero con lei.
In uno dei suoi quaderni Etty scrive:
“Dappertutto c’erano cartelli che ci vietavano la strada per la campagna: ma sopra quell’ unico pezzo di strada che ci rimane c’è pur sempre il cielo, tutto quanto”. Cosa c’è di più bello e rassicurante che guardare il cielo? Persino in un momento difficile ci fa sentire vivi, ci ricorda la nostra appartenenza al mondo e quindi alla vita. Esso accomuna tutti, buoni e cattivi, ricchi e poveri, liberi o prigionieri: tutti noi viviamo sotto un unico immenso cielo. Nessuno ci può vietare di guardarlo, in qualsiasi posto noi ci troviamo e in qualsiasi momento, perché il cielo è sempre sopra la nostra testa, è sempre sopra la nostra vita, quasi per osservarla e proteggerla. Etty esprime in questa frase tutta la sua voglia di restare al mondo e di continuare la sua esistenza, anche in un momento difficile come quello che sta vivendo insieme al suo popolo. La sua libertà fisica è limitata, ma le basta guardare il cielo per sentirsi libera nell’anima; nessuno può impedirle di sognare, di sperare, di amare o, semplicemente, di alzare lo sguardo al cielo, è una libertà più importante di quella fisica, perché è una libertà che nessuno le può togliere.

2 commenti:

  1. Il razzismo è certo, per quanto mi riguarda, il male del nostro secolo...Purtroppo cerchiamo di dire che l'Italia non è un paese razzista, ma poi puntualmente accadono episodi crudeli verso persone innocenti.
    Per non dimenticare lo sterminio degli ebrei, per non dimenticare la grande sofferenza che hanno passato gli ebrei per colpa della follia di una persona, per colpa di un Regime ingiusto e crudele....

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  2. Si, questo è un'argomento che io non so perchè, mi tocca sempre particolarmente nonostante sia passato tanto tempo!Non riesco veramente a spiegarmi da dove sia potuta arrivare tutta questa crudeltà, nel senso che ce la prendiamo con la follia di una persona, ma se ci pensiamo bene la follia di una singola persona si sarebbe potuta fermare, se così non è stato vuol dire che era l'umanità intera ad essere folle, e questo mi fa venire i brividi...per questo ci ho tenuto a parlarne in questo spazio e ti ringrazio di aver colto il messaggio e di aver condiviso la mia opinione.

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